TITOLO: Chiavica Bentivoglio
COMUNE: Occhiobello
DATAZIONE: 1632
DESCRIZIONE:
La “Bonifica Bentivoglio” fu l’iniziativa più importante nella Transpadana. Dopo l’editto di Alfondo II d’Este (1593), i Bentivoglio possedevano 1.000 ettari, dei quali 500, posti oltre Zelo e Trecenta, erano discretamente coltivabili. Nel 1609, Papa Paolo VI concesse, ad Enzo Bentivoglio, di poter bonificare tutte le terre in suo possesso (17 Febbraio 1609), ma esclusi i terreni di proprietà dello Stato di Venezia, rimasero solo terreni molto paludosi (es. la valle di Trecenta-Sariano, la valle di Bariano, ecc.). I Bentivoglio, non essendo estranei a simili imprese, iniziarono subito i lavori. Il marchese Enzo Bentivoglio ebbe la fortuna di affidarsi al bravo perito Aleotti detto l’Argenta che, nel 1611 partecipava alla ricognizione per la determinazione del territorio da bonifica e quindi dirigeva i lavori che, eseguiti con una fitta ed efficiente rete scolante, confluente nel Po, dettero subito buoni risultati. Nel 1625 erano stati portati a termine la maggior parte dei lavori con la costruzione degli argini di difesa, di ponti, canali, sostegni e chiaviche, tutto secondo progetto e a norma di Capitolato approvato nella convenzione degli interessati. Al termine dei lavori, vennero ripartiti le spese ed i terreni prosciugati con le altre persone nobili che parteciparono economicamente ai lavori (conte Nappi, marchese Fiaschi, ecc.). Le cessioni di terre per la coltivazione vennero fatte per la maggior parte nella forma di investitura livellaria e si iniziò presto anche uno stabile insediamento di contadini per la coltivazione e per l’allevamento di bestiame. Il cavo principale della bonificazione venne chiamato “Bentivoglio” e ad esso erano portati i condotti secondari. Nel 1663 il Penna, nella sua “Compendiosa descrizione dello Stato di Ferrara” scriveva che a quel tempo il territorio si presentava fertile e popolato. Non vennero considerate allora, né forse era possibile, le evoluzioni idrauliche naturali che avrebbero condizionato il futuro, dovuto, per il Polesine, alle grandi forze scatenate su esso dai grandi fiumi. Nel caso particolare della bonifica padana ciò si tradusse nel continuo e talvolta rapido elevarsi degli alvei e perciò degli argini del Po, dell’Adige e del Canalbianco con gravi e ripetute rotte succedutesi nel seicento e più ancora nel settecento, a cui si provvide con cospicui e imprevisti finanziamenti. E’ intuitivo considerare i danni che furono apportati ai manufatti della bonificazione, alle case e alle stalle, la distruzione dei raccolti, i disagi inauditi della popolazione. A ciò si aggiunsero eventi bellici, come quelli che videro il passaggio di fameliche truppe straniere nei primi anni del ‘700 (guerra per successione di Spagna) e la trasformazioni politiche di fine secolo. In questo modo, dove si era bonificato, tornarono a mostrarsi zone paludose ed inutili. La situazione finanziaria dell’impresa dei Bentivoglio si era fatta sempre più pesante finché la restituzione dei prestiti ai Monti romani divenne infine impossibile; tutto portò, nel 1766, al risultato che i Montisti furono immessi nella proprietà dei beni ipotecati dando così origine al “Condominio Bentivoglio”. Da allora nessuno curò più la bonifica, né la manutenzione delle opere, pensando solamente a realizzare, in perdita, i capitali investiti procedendo alla vendita all’asta delle proprietà.