TITOLO: Abbazia della Vangadizza
COMUNE: Badia Polesine, piazza della Vangadizza
DATAZIONE: X secolo
DESCRIZIONE:
L’Abbazia della Vangadizza ha origine verso la metà del X secolo e per diversi secoli la storia di Badia, il cui nome deriva proprio da Abbadia, si identifica con la storia dell’Abbazia stessa, attorno a cui sorse il primo borgo.
Attorno alla metà del X secolo, la chiesa di Santa Maria della Vangadizza appare tra le donazioni del marchese di Mantova Almerico e di sua moglie Franca. La chiesa era stata appena ricostruita ma nulla si sa dell’edificio precedente. È però noto che fu realizzata su un sito già utilizzato in età romana, probabilmente come area funeraria, funzione che venne mantenuta anche durante il medioevo. I numerosi manufatti funerari che si trovano reimpiegati come materiale costruttivo dell’abbazia e al suo interno testimoniano questo passato. Nel giro di alcuni anni accanto alla chiesa sorse un monastero di benedettini. La Vangadizza e le parrocchie ad essa soggette non appartenevano a nessuna diocesi, l’abbazia infatti godeva del privilegio di “nullius diocesis” e l’abate che la governava rispondeva direttamente al Papa. In questo periodo l’abbazia prosperò sotto la protezione da prima di Ugo il Grande di Toscana e poi di Alberto Azzo, capostipite della dinastia degli Estensi, che alla sua morte volle essere sepolto nell’abbazia, accanto alla sua prima moglie Cunizza. Per oltre tre secoli gli abati benedettini governarono il territorio, richiamando molti contadini a bonificare il territorio; i terreni erano concessi in enfiteusi, un diritto che permetteva ai contadini di godere dei frutti dei fondi agricoli, pagando un canone irrisorio e avendo in uso casa e stalle. In questo modo i monaci garantivano loro anche protezione e la gente si sentiva sicura e avvantaggiata. Questo portò a un progressivo miglioramento della zona. L’abbazia riscuoteva tributi, godeva di donazioni papali e dei profitti che derivavano dal pedaggio del passaggio per l’Adigetto e questo le assicurò un’indubbia potenza economica.
Nel 1213 l’abbazia iniziò a seguire l’ordine camaldolese. La regola camaldolese prevedeva un distacco contemplativo della vita monastica dalle vicende del mondo; questo portò ad uno sviluppo delle attività culturali con la creazione di una biblioteca fornitissima e di una scuola per lo studio di filosofia, teologia, canto sacro, arti e scienze, ma ci fu anche un progressivo allontanamento del monastero dalla realtà del territorio, provocando malumori nelle parrocchie e culminando in dissidi interni alla fine del XIV secolo.
All’inizio del XV secolo l’abbazia della Vangadizza perse il potere temporale e la gestione fu affidata ad ecclesiastici esterni. L’abbazia venne soppressa l’11 aprile 1789 dalla Repubblica di Venezia, che nel 1790 ne incamerò i beni. Nel 1792 fu soppressa anche come diocesi e le dodici parrocchie polesane furono aggregate alla diocesi di Adria. A seguito della fine della Serenissima nel 1797 e al conseguente arrivo dei francesi in Italia, la chiesa e il monastero furono ceduti al conte francese d’Espagnac, come risarcimento per le spese di guerra sostenute per l’esercito della nazione. Con la soppressione dei beni ecclesiastici nel 1810 i frati camaldolesi furono cacciati e la chiesa venne chiusa per essere demolita. Si salvarono solo la Cappella della Beata Vergine, costruita nel Quattrocento e il campanile pendente, eretto nel 1517.
Oggi presso la piazza sulla quale ancora si affacciano i resti della chiesa sono visibili i sarcofaghi medievali di Alberto Azzo II e sua moglie Cunizza di Altdorf e di Azzo VI e la consorte Alisa. Al monastero e al chiostro invece si accede dalla Piazzetta del Seminario dalla parte opposta. Il chiostro risale al Duecento, e vi si entra passando da un arco gotico in cotto del Quattrocento. Al centro è conservata un’elegante vera da pozzo in marmo bianco. Certamente il chiostro è l’elemento architettonico più interessante e suggestivo dell’Abbazia. Da qui, attraverso un elegante portale in marmo rosso di Verona, si accede al refettorio e attraversata la porta di fronte ci si trova nel giardino dell’Abate, così definito nella vecchia cartografia, dal quale si giunge nella piazza della Vangadizza.
INFORMAZIONI E CONTATTI: non visitabile
BIBLIOGRAFIA: Rovigo e la sua provincia. Guida turistica e culturale. II edizione aggiornata, Rovigo, Amministrazione provinciale, 2003, pp. 154-156; Alberino Gabrielli, Comunità e chiese nella diocesi di Adria-Rovigo. Presentazione di Bernardino Merlo, Roma, Ciscra edizioni, 1993, pp. 439-444.
Abbazia della Vangadizza (sito pluristratificato) in Catalogo Generale dei Beni Culturali: https://catalogo.beniculturali.it/detail/ArchaeologicalProperty/0500590435 visitato il 26/08/2023;
Abbazia di Santa Maria della Vangadizza in Comune di Badia Polesine: https://comune.badiapolesine.ro.it/c029004/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/index/idtesto/45 visitato il 26/08/2023;